Beyond the lyrics: Otherside – RHCP

Otherside, l’altra parte: il titolo segna una riga tra coscienza e follia, tra droga e riabilitazione

Terzo singolo tratto da Californication, Otherside è un brano di punta ed un grande classico dei Red Hot Chili Peppers. È dedicato a Hillel Slovak, uno dei fondatori della band morto di overdose nell’88, poi sostituito da John Frusciante, che proprio con quest’album ritorna all’attivo dopo un periodo di pausa dai Red Hot donando loro il sound inconfondibile della sua chitarra.

L’album

Su Californication, ad un ventennio dal rilascio, ci stiamo ancora interrogando. Già il titolo divide la critica: alcuni ritengono che sia una fusione tra California e fornication, fornicazione, ad indicare il clima lussurioso che si respira in particolare ad Hollywood; altri, più semplicemente, parlano di una “californizzazione” della società nel senso dell’esportazione ormai globale dello standard occidentale e della libertà sessuale tipica della California.
C’è ancora chi interpreta sia la copertina che alcuni versi della canzone che dà il nome all’album come un complotto sulle false realtà scientifiche divulgate mediante immagini fotoritoccate negli studi cinematografici per ottenere il “control of population”.
Di certo, come commentò Greg Tate di Rolling Stone,

«mentre tutti i precedenti lavori dei Chili Peppers erano molto vivaci, Californication si permette di essere spirituale ed evocativo.»

Beyond the lyrics

Otherside, l’altra parte: il titolo è una parola cruciale, che segna una riga tra coscienza e follia, tra droga e riabilitazione. È quella stessa droga che ha portato via la vita di Slovak a dar luogo al grande interrogativo iniziale: quanto tempo trascorrerò lontano dalla parte migliore di me? Le parole sono scelte con gran cura: to slide significa scivolare, sbandare, e la domanda non è formulata come a definire una situazione passeggera. Quando Antony Kiedis, il frontman dei RHCP, si chiede quanto tempo passerà in questa otherside non valuta le probabilità, irrealistiche, di dire addio alla tossicodipendenza, piuttosto le proprie forze a resistere, per qualche altra briciola di tempo, sul lato giusto della fune.
Separate my side è leggibile come completamento del verso subito prima (come nella traduzione del precedente paragrafo) oppure come un verso a sé stante indicante sia la distanza dall’obiettivo della riabilitazione che la mancanza fisica dell’amico Hillel.

Hillel Slovak nel 1983


La visione di una fotografia di Slovak  riporta il passato alla mente del leader della band: entrambi, ed anche John Frusciante, sono stati eroinomani ed hanno quindi toccato con mano quanto sia insormontabile il percorso all’indietro da questa via: “once you know you can never go back”, una volta che conosci queste cose non potrai mai uscirne. Ma bisogna in qualche modo tornare dall’altra parte e portarvi anche questa fotografia ed il dolore che essa racchiude.

Resta il fatto che non è semplice neanche discriminare tra buono e cattivo (“I don’t believe it’s bad“):  non si punta il dito contro la dipendenza, coerentemente con le dichiarazioni di Kiedis nella sua biografia Scar Tissue:

Non credo che la tossicodipendenza sia intrinsecamente cattiva. È un’esperienza davvero oscura, pesante e distruttiva, ma scambierò la mia esperienza con quella di una persona normale? Diavolo, no. Era brutto, e non c’è nulla che io sappia che fa male tanto male, ma non lo scambierei per un minuto.
È quell’apprezzamento di ogni emozione nello spettro per cui vivo. Non esco dal mio modo di crearlo, ma ho trovato un modo per abbracciarlo […] Sono in grado di essere utile a centinaia di altre persone sofferenti.

Dunque si crolla tra le braccia di un’altra dose, sembra che passino secoli per liberarsene; e l’abbandono ha la solitudine di un cimitero e la vastità del mare. Forse è proprio visitando un cimitero reale, quello in cui riposa Hillel Slovak, che Kiedes depone le armi: “le cose più strane non mi faranno cambiare idea, quindi neanche l’assurdità di veder morire un amico di ventisei anni riesce a pesare quanto degli irresistibili milligrammi bianchi.

Il bridge ed il ritornello si ripetono uguali, come i tentativi fallimentari di riabilitazione. A tal proposito, “pour my life into a paper cup” si riferisce alla terapia di tolleranza crociata con metadone, che viene distribuito in contenitori di plastica (“paper cup”, bicchieri di carta”) per evitare la sindrome d’astinenza da eroina. Nel centro di riabilitazione il posacenere si riempie (talvolta è permesso ai tossici di fumare erba per evitare il taglio netto di sostanze psicotrope) e si “svuotano le viscere” (in senso letterale: il vomito tipico delle crisi d’astinenza, o svuotare un sigaro per riempirlo di erba, o ancora la metafora dello sfogarsi confessando i propri problemi).

Lei vuole sapere se sono ancora una puttana“: è la droga a chiedere a Kiedis se è ancora disposto, con tutto quello che ha vissuto, ad essere suo amante.  Quindi il letto capillare in cui si deposita l’ennesima dose diventa il talamo di questo amore maledetto; “premi il grilletto ed io tiro il filo”: ecco l’iniezione di eroina ed il laccio emostatico. La droga entra in circolo dando luogo alla sua hard ride che fa sentire forti, incendiati, ma che poi abbandona in pieno volo alla morte, quella otherside così temuta e così spesso sfiorata.

Il video

Il videoclip di Otherside si svolge in un contesto cartoon oscuro e gotico in cui si stagliano il rosa pallido della pelle di Kiedis  & co ed il rosso vivo delle ali del giovane protagonista, al cui schianto al suolo segue la confusa sequela dell’assistenza sanitaria.
L’ambientazione è forse ispirata al cinema horror tedesco e certamente accenna all’arte cubista e di Escher. La chitarra di Frusciante è dilatata nello spazio in un lungo cordone, il basso di Flea è ridotto ad una cascata di fili del telefono, la batteria di Chad Smith è una sorta di tamburo o ingranaggio che ruota su una lugubre torre medievale.  All’uscita dall’ospedale il ragazzo protagonista prende nuovamente il volo: questa scena simboleggia il ritorno all’eroina di Anthony, il quale a seguito di un incidente ricevette in ospedale degli antidolorifici oppioidi che scatenarono in lui una nuova dipendenza psicofisica la quale distrusse cinque anni di faticosa astinenza. Le ali rosse, che fluttuavano energiche in un cielo però sempre grigio (l’illusione fuggevole di felicità) si spezzano ancora, questa volta per sempre.
Stando alla sua autobiografia Scar Tissue, a partire al 2000, dopo l’uscita di Californication, Anthony Kiedis non si è più drogato né ha più fatto uso di alcolici.

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